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22 Maggio 2019LA CARBOSSITERAPIA E I NUOVI UTILIZZI IN TRICOLOGIA
30 Settembre 2019Importanti studi hanno confermato il razionale di impiego in quelle patologie croniche nelle quali è presente una condizione di sofferenza del microcircolo.
Conosciuta e impiegata sin dal 1932, in ambito termale (acque ricche di anidride carbonica) presso le terme di Royat, a Clermont-Ferrand in Francia, per la cura di varie patologie vascolari, negli ultimi vent’anni la CO2, ha conquistato un ruolo sempre importante in Medicina Estetica, diventando presidio terapeutico fondamentale soprattutto per il trattamento della cosiddetta cellulite. Detto questo, sarebbe riduttivo non comprenderne l’enorme rilevanza quale terapia di varie problematiche circolatorie e venolinfatiche; i numerosi e importanti studi dedicati negli anni a tale trattamento (Belotti E., De Bernardi M., 1992; Albergati F. e al, 1997; Parassoni L. e al, 1997, 1998; Varlaro V. e al, 1995, 2005, 2007, 2012, 2016, 2017; Brandi C. e al, 2004, 2010), hanno dimostrato e confermato il razionale di impiego in tutte quelle patologie croniche nelle quali presente una condizione di sofferenza del microcircolo (microangiopatia), per un’azione riabilitante a livello di arteriole e metarteriole, o anche in quelle condizioni che possono trarre benefici da una migliore ossigenazione delle cellule. La CO2, che continuamente si forma nei tessuti come prodotto finale del metabolismo ossidativo, viene regolarmente rimossa con un meccanismo fisioligico (effetto Bohr/Haldane) di scambio con l’O2 respiratorio, legato all’emoglobina nei globuli rossi e trasferito perifericamente dal sistema circolatorio arterioso. Quindi l’aumentata concentrazione di CO2, dopo iniezione nei tessuti a scopo terapeutico, attraverso quegli stessi meccanismi fisiologici prima citati, si traduce in sostanza in un maggiore rilascio di O2 dall’emoglobina dei globuli rossi: quindi a ogni volume di CO2 che a scopo terapeutico viene iniettato nei tessuti, corrisponderà sempre un eguale volume di O2 che verrà rilasciato in quegli stessi tessuti dal torrente circolatorio per rimuovere la stessa quantità di CO2 iniettata.
In sostanza, iniettare CO₂ nei tessuti equivale a far arrivare in quei tessuti eguale quantità di O₂, con conseguente migliore ossigenazione e maggiore attivazione di tutti i metabolismi cellulari. Altro effetto, questa volta tipicamente circolatorio, molto importante, viene prodotto a seguito dell’iniezione di CO₂ nei tessuti: l’aumentata concentrazione di questo gas, da rimuovere attraverso il fisiologico scambio con l’O₂ arterioso, comporta necessariamente una velocizzazione del circolo, con evidenti miglioramenti specialmente sul distretto veno-linfatico. Gli effetti della CO₂ somministrata per via sottocutanea o per via transcutanea possono essere quindi così riassunti:
• Aumento della sfigmicità arteriolare e metarteriolare e rilasciamento degli sfinteri precapillari.
• Amplificazione degli effetti Bohr e Haldane.
• Stimolazione di pressocettori sottocutanei (corpuscoli del Golgi e del Pacini) che favoriscono la liberazione distrettuale di catecolamine.
Conseguentemente, la terapia con CO₂ iniettiva trova impiego oltre che in ambito estetico (cellulite, adiposità localizzate, ageing cutaneo, ecc.), principalmente per il trattamento di varie condizioni patologiche:
• Insufficienza venosa cronica, veno-linfatica, linfedemi.
• Microangiopatie e arteropatie funzionali tipo Raynaud.
• Ulcere arteriose (diabete mellito, m. di Buerger, ecc.), ulcere flebostatiche.
• Manifestazioni cutanee della psoriasi (agendo sulla componente micro-angiopatica).
• Disfunzione erettile.
• Artropatie.
In virtù di quanto fin qui riportato, il termine carbossiterapia, ormai di uso comune, introdotto da Parassoni L. nel lontano 1995, in occasione del XVI congresso nazionale della Società Italiana di Medicina Estetica (SIME), in sostituzione di quello precedentemente impiegato di terapia mediante CO₂ per via transcutanea o sottocutanea, ci sembra in un certo senso riduttivo; più corretto ci sembrerebbe in tal senso parlare di terapia con CO₂ iniettiva, che in funzione del trattamento da effettuare andrà collocata tanto nel derma, quanto nel sottocutaneo o anche nel tessuto adiposo sottostante. Anche i sistemi di erogazione della CO₂ si sono evoluti, grazie ad apparecchiature più sofisticate e tecnologicamente molto avanzate, che garantiscono varie modalità di erogazione del gas, sempre regolare e omogenea, grazie all’impiego di valvole elettroniche con feedback al tessuto, più efficienti delle vecchie valvole peristaltiche; apparecchiature che permettono di programmare con precisione quantità e velocità del flusso da erogare nell’unità di tempo, fino a volumi di 600 ml per minuto; la durata dell’applicazione, la temperatura alla quale il gas verrà iniettato, dopo stoccaggio in camere di preriscaldamento, così da garantirne costantemente e con precisione la temperatura programmata e infine sistemi di sterilizzazione della CO₂ prima dell’erogazione, mediante ultravioletti.
CAMPI DI APPLICAZIONE
Nel tempo si sono ampliati i settori della Medicina nei quali la terapia con CO₂ iniettiva può venire applicata:
• Insufficienza Venosa cronica.
• Linfedema.
• Acrocianosi.
• Fenomeno di Raynaud.
• Ulcere arteriose e venose.
• Disfunzione erettile.
• Psoriasi.
• Reumoartropatie.
• Adiposità localizzata.
• Cellulite.
• Striae Distensae.
• Invecchiamento cutaneo.
• Alopecia.
CONTROINDICAZIONI
La terapia con CO₂ iniettiva è controindicata:
• Nei casi di gravi insufficienze d’organo: respiratoria, cardiaca, renale, epatica.
• In corso di trattamenti con acetazolamide, diclofenamide o altri inibitori dell’anidrasi carbonica.
• Anemia grave.
• Tachiaritmie cardiache.
• Gangrena gassosa.
• Gravidanza.
Va infine ricordato che il diabete mellito non è una controindicazione all’impiego della CO₂ iniettiva: la microangiopatia diabetica può infatti trarre enorme beneficio da tale trattamento medico (Varlaro V., 2012, 2017). Per i pazienti diabetici è però necessaria una preliminare valutazione ematochimica (dosaggio dell’acido lattico plasmatico nei pazienti in terapia con ipoglicemizzanti orali, ricerca di corpi chetonici nelle urine nei soggetti in terapia con insulina…), perché in presenza di acidosi metabolica è necessario trattare prima tale scompenso.
L’ambulatorio Medico n. 57 – Maggio | Agosto 2019